Sale a 36 il numero delle piante risultate infette nel corso del monitoraggio avviato lo scorso maggio
Alberobello, dopo Locorotondo, Monopoli e Polignano, è il quarto comune della provincia di Bari ad essere interessato dal ritrovamento di piante infette da Xylella fastidiosa. Sul sito istituzionale “Emergenza Xylella” sono stati pubblicati due rapporti di prova (91D e 91P) con l’indicazione di 5 olivi infetti che generano un nuovo focolaio nell’agro della città dei Trulli patrimonio UNESCO. Nello specifico il focolaio è localizzato tra Alberobello e Locorotondo, a ridosso della Strada Provinciale 162 e ad un paio di chilometri dalla frazione di Coreggia.
Il focolaio ricade in “zona cuscinetto”, pertanto, in base al REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) 2020/1201, vige l’obbligo di abbattere sia le piante infette che tutte le piante suscettibili alla sottospecie pauca (“piante specificate”) presenti nel raggio di 50 metri di ciascuna delle piante infette, salvo la eventuale presenza di olivi con caratteri di monumentalità per i quali è possibile avvalersi di una deroga. Adesso, in base alla metodologia prevista dal Piano di Azione regionale e al fine di definire l’esatta estensione del focolaio, si dovrà procedere ad un monitoraggio capillare dell’area immediatamente circostante.
Con quest’ultima comunicazione sale a 36 il numero delle piante risultate infette nel corso del monitoraggio avviato lo scorso maggio.
“Continua inarrestabile l’avanzata della Xylella fastidiosa in Puglia” afferma Coldiretti Puglia. I risultati delle analisi statistiche condotte dagli enti di ricerca impongono una seria riflessione circa il nuovo regolamento comunitario approvato il 14 agosto 2020 che ha ridotto a 50 metri, dai 100 metri inizialmente previsti, l’area buffer ovvero il raggio dell’area focolaio intorno alle piante trovate infette e soggette a taglio obbligatorio per sottrarle all’azione di diffusione degli insetti vettori, come la cicalina sputacchina. Se la sputacchina cammina fino a 400 metri in una stagione, l’area buffer di 50 metri risulta decisamente insufficiente a contenere il rischio contagio, quindi si ottiene solo un’azione di rallentamento della diffusione, non certo l’estinzione dei focolai più avanzati nelle aree cuscinetto sul fronte epidemico che richiederebbe invece azioni ben più drastiche” insiste il presidente Muraglia.
L’epidemia di Xylella dal 2013 ad oggi ha colpito 8mila chilometri quadrati, con un danno stimabile di oltre 1,6 miliardi euro, secondo un’analisi della Coldiretti Puglia. “Come ripetutamente segnaliamo e denunciamo da anni – torna a ribadire il presidente Muraglia – il monitoraggio degli ulivi non può essere esclusivamente visivo, perché la Xylella è come il Covid, la malattia è asintomatica per un lasso di tempo imprecisato, per cui le piante appaiono sane alla vista. Per accertare la presenza della malattia nell’area a forte rischio vanno effettuati campionamenti e analisi anche di ulivi apparentemente sani, senza che sia ancora ben visibile alcun segno di disseccamento”, ricordando che è andato “perso 1/3 degli ulivi di inestimabile valore preservati nel tempo, è impensabile continuare a perdere un patrimonio vitale per la Puglia sul piano agricolo, paesaggistico, culturale e turistico”, conclude il presidente Muraglia.
Monitoraggi delle piante non solo visivi e dell’insetto vettore ‘la sputacchina’, campionamenti ed espianti tempestivi in caso di ulivi infetti, considerato che non esiste ancora una cura per la batteriosi, restano – aggiunge Coldiretti Puglia – l’unica soluzione per ridurre la velocità di avanzamento della infezione. L’efficacia e sistematicità sono garanzia per le aree indenni della Puglia e delle regioni limitrofe e non vanno messe in alcun modo in discussione.
La vastità del problema, la rilevanza economica della coltura per l’intero territorio regionale e le prescrizioni della normativa fitosanitaria comunitaria e nazionale in caso di ritrovamento di patogeni da quarantena – conclude Coldiretti Puglia – impongono scelte e provvedimenti urgenti, anche in considerazione della diffusione della malattia che, dopo aver causato il disseccamento degli ulivi leccesi ha intaccato il patrimonio olivicolo di Brindisi e Taranto, arrivando sino alla provincia di Bari, con effetti disastrosi sull’ambiente, sull’economia e sull’occupazione.