All’indomani dell’intervento di ripristino dell’arenile della spiaggia di cala Portavecchia, il nostro affezionato lettore Franco Muolo esprime alcune sue considerazioni personali, auspicando che si provveda fattivamente alla collocazione di frangiflutti per difendere la costa dai venti di grecale e levante.
Gentile Direttore,
stamane ho visionato e fotografato l’arenile della “rinata” cala Portavecchia. A dire la verità, il bellissimo e bianchissimo bagliore della facciata del suo lungomare ha catturato la mia attenzione più del nuovo arenile, peraltro già parzialmente compromesso dal vento di greco levante di qualche giorno fa. Ma qui vorrei esternare alcuni dei miei ricordi tecnici (non politici) durante la mia pregressa attività di funzionario pubblico presso l’ufficio comunale addetto.
Premetto che una dozzina d’anni fa (già in quiescenza) notai e feci notare, pubblicamente in tv e sui giornali, alcuni punti critici che caratterizzavano il nascente Pug. Responsabilmente lo feci allora e altrettanto responsabilmente continuo a farlo oggi, visto che non è cambiato granché di quelle previsioni. Le scelte politiche di un Piano devono rispettare un minimo di ragioni tecniche per essere considerate valide a tutti gli effetti? O no! Se chiedessi: perché mai la zona industriale deve avanzare la sua corsa verso il centro urbano? Perché il porto turistico è stato previsto sullo sfocio del torrente Ferraricchio? Perché le aree a disposizione delle cooperative edilizie sono state concentrate come un ghetto? Perché sono state estese aree residenziali e produttive fin sotto pericolose infrastrutture come le linee elettriche ad alta tensione? Perché si consente praticamente di edificare sia pure con bassi indici plano-volumetrici in aree verdi, in aree bianche, in prossimità di lame e aree portuali e… soprattutto, per quale ragione non è stata riportata sulle tavole del Pug la diga antemurale a difesa delle mura cinquecentesche e della zona del centro antico che affaccia sulla via San Salvatore a rischio mareggiate da greco-levante, come prevedeva il Piano regolatore del Porto? E mi fermo qui! La risposta del prof. Oliva fu politica: per non consumare territorio, mi disse. La risposta tecnica che invece mi aspettavo non l’ho mai avuta da nessuno. Credo che a un “criticone” come me, dopo aver assistito per alcuni decenni del secolo scorso in qualità di tecnico comunale (ed averne viste di cotte e di crude) alla nascita, alla vita e alla morte di ben tre piani regolatori, gli sia consentito (in un regime democratico) di porre una libera e civile domanda a tanti interrogativi, in particolare a quello riguardante il mancato inserimento nel Pug del Piano regolatore del porto, che aveva previsto la necessità di una diga antemurale a difesa delle mura cinquecentesche e della zona del centro antico che affaccia sulla via San Salvatore a rischio mareggiate provocate dal vento impetuoso di greco-levante. Tale necessità scaturiva dal fatto che, a partire dalla fine della seconda metà degli anni Sessanta, vi furono due disastri in quell’area del centro antico: il crollo di un lungo tratto del muraglione di fronte alla chiesa di San Salvatore e il cedimento di tutta la zona abitata del centro storico oggi individuata come largo Santa Maria. Per fortuna in entrambi i casi non ci furono vittime. Ovviamente la causa di quei cedimenti strutturali fu imputata alla furia delle onde gigantesche e delle mareggiate che si infiltrarono (e s’infiltrano tutt’ora) sotto e sopra quella storica struttura a difesa di quella parte dell’antico abitato che va dal castello di Carlo V fino alla cala di Portavecchia). Bene ha fatto il nostro sindaco Angelo Annese nel dichiarare pubblicamente, durante il taglio del nastro a seguito del recente ripascimento dell’anzidetta cala popolare, che il prossimo obiettivo della civica amministrazione sarà quello di dotare la zona a mare dei necessari frangiflutti a difesa di tutta quanta la storica struttura ivi compresa anche quella pericolante “moderna” del largo Portavecchia. Il mio auspicio è che alla promessa del Sindaco seguano i fatti, “prima che, come si suol dire, dopo del due non debba seguire il tre”.Franco Muolo