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Monopoli, polemica sull’intitolazione di 4 vie a Sandra Mondaini, Raimondo Vianello, Mike Bongiorno e Corrado Mantoni

Vito Marchitelli suggerisce un breve elenco dei rappresentanti istituzionali e dei cittadini Italiani che hanno perso la vita per il loro impegno nella lotta alla mafia


Monopoli avrà 4 vie intitolate a 4 big della radio e della tv italiana: Sandra Mondaini, Raimondo Vianello, Mike Bongiorno e Corrado Mantoni


In questi ultimi giorni sta facendo piuttosto discutere la scelta operata dall’attuale Amministrazione Comunale di intitolare quattro vie ad alcuni dei personaggi che hanno segnato la storia della radio e della tv italiana: Sandra Mondaini, Raimondo Vianello, Mike Bongiorno e Corrado Mantoni.

C’è chi è convinto che la scelta sarebbe potuta ricadere su illustri monopolitani che si sono particolarmente distinti oppure su uomini e donne che hanno fatto la storia.

A tal proposito è il monopolitano Vito Marchitelli a suggerire un breve elenco dei rappresentanti istituzionali e dei cittadini Italiani che hanno perso la vita per il loro impegno nella lotta alla mafia.

“Qui vengono riportati circa 80 episodi, tra il 1970 e il 2000, oltre 100 esecuzioni eseguite con metodi cruenti, spesso eclatanti, anche fuori dal territorio siciliano, come nel caso delle stragi di vie dei Georgofili a Firenze e di via Palestro a Milano. Anni – sottolinea Marchitelli – dove in Sicilia era in atto una vera e propria mattanza degli uomini di Stato e di chi li affianca, ma che vedeva negli stessi anni soprattutto nel sud Italia il susseguirsi di attentati di vario genere che vedevano come obiettivo imprenditori che si rifiutavano di pagare il pizzo, amministratori che si opponeva opponevano a dar seguito alle richieste avanzate dalle diverse cupole di stampo mafioso che governavano i territori. Anni dove le sparatorie per strada tra i clan avvenivano anche nella nostra città. Fortunatamente la tv italiana in quegli anni riusciva ad alleviare la tensione della popolazione e a distrarlo dai gravi atti Mafiosi, dalla paura e dal rispetto reverenziale che spesso, soprattutto al sud, ogni cittadino onesto avvertiva non solo per strada, ma anche tra le mura di casa. Sandra Mondaini, Raimondo Vianello, Mike Bongiorno e Corrado, professionisti dello spettacolo che hanno accompagnato la vita dei nostri nonni, dei nostri genitori, e anche la nostra infanzia, certo, per la. Loro. Professionalità e leggerezza meritano anche un riconoscimento da parte delle amministrazioni, come avvenuto a Monopoli che ha deciso di intitolare 4 vie cittadine a questi giganti dello spettacolo Italiano. Allo stesso modo si potrebbe pensare di intestare vie piazze o giardini e ville ad importanti uomini della cultura italiana, a scienziati vincitori di premi nobel. Fantastico sarebbe intitolare una via cittadina a gente come Gino Strada. Tengo però ad esprimere un parere personale – aggiunge – un suggerimento agli amministratori dei comuni Italiani. Credo che per omaggiare e mantenere viva la memoria, e tramandare il valore di principi imprescindibili, quando ci sono nuovi quartieri, nuove vie, nuove piazze e nuove ville, date priorità a chi ha dato la vita per lo stato e per garantirci la libertà e la sicurezza che oggi possiamo godere. Gente come il generale della Chiesa, Piersanti Mattarella, Pio Latorre, Ninni Cassarà, Rosario Livatino, o di cittadini come Peppino Impastato. In seguito suggerisco un breve elenco. Colgo l’occasione per ringraziare tutte le donne e gli uomini che servono la Repubblica Italiana, in tutte le sue forme previste dalla costituzione, e i rappresentanti delle forze dell’ordine che ogni giorno sono impegnati per garantire la sicurezza dei cittadini. In Memoria di tutte le vittime delle mafie e dei rappresentanti dello stato che si sono opposti alla loro egemonia”.

Anni 1970
Mauro De Mauro (16 settembre 1970), giornalista. sequestrato da un gruppo di mafiosi a causa dei suoi articoli giornalistici, il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Pietro Scaglione (5 maggio 1971), procuratore capo di Palermo.
Antonino Lo Russo (5 maggio 1971), autista di Pietro Scaglione.
Giovanni Spampinato (27 ottobre 1972), giornalista de “L’Ora” e de “L’Unità”.
Gaetano Cappiello (2 luglio 1975), agente di pubblica sicurezza.
Giuseppe Russo (20 agosto 1977), tenente colonnello dei carabinieri. Insieme a lui viene ucciso l’insegnante Filippo Costa, 57 anni, che stava passeggiando con lui. I mandanti dell’assassinio furono i boss Totò Riina e Bernardo Provenzano, mentre gli esecutori che uccisero il colonnello Russo furono Leoluca Bagarella, Pino Greco detto scarpuzzedda, Giovanni Brusca e Vincenzo Puccio. Riina, Provenzano e Bagarella finirono in carcere condannati all’ergastolo, Greco e Puccio furono assassinati da Riina e Brusca pentito fu messo ai domiciliari.
Ugo Triolo (26 gennaio 1978), Vice-pretore onorario di Prizzi, assassinato su mandato di Bernardo Provenzano.
Peppino Impastato (9 maggio 1978), giovane attivista politico e speaker radiofonico di Cinisi, in provincia di Palermo.
Filadelfio Aparo (11 gennaio 1979), vice Brigadiere della squadra mobile di Palermo.
Mario Francese (26 gennaio 1979), giornalista.
Michele Reina (9 marzo 1979), segretario provinciale della Democrazia Cristiana.
Carmine Pecorelli (20 marzo 1979), giornalista.
Boris Giuliano (21 luglio 1979), capo della squadra mobile di Palermo.
Calogero Di Bona (28 agosto 1979), maresciallo ordinario in servizio presso il Carcere dell’Ucciardone di Palermo.
Cesare Terranova (25 settembre 1979), magistrato.
Lenin Mancuso (25 settembre 1979), maresciallo morto insieme a Cesare Terranova.
Agguato a San Gregorio (CT) (10 novembre 1979), carabinieri Giovanni Bellissima, Salvatore Bologna e Domenico Marrara.

Anni 1980
Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), presidente della Regione Siciliana. La domenica a Palermo, non appena entrato in una Fiat 132 insieme con la moglie, i due figli e la suocera per andare a messa, si avvicinò un sicario al finestrino e lo freddò a colpi di pistola. A ordinare la sua uccisione fu Salvatore Riina e la sua banda, perché Mattarella aveva incominciato a contrastare l’ex sindaco Vito Ciancimino per un suo rientro nel partito con incarichi direttivi. Nel 1995 vennero condannati all’ergastolo i mandanti dell’omicidio Mattarella: i delinquenti mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci.
Emanuele Basile (4 maggio 1980), capitano dei Carabinieri.
Gaetano Costa (6 agosto 1980), procuratore capo di Palermo.
Vito Lipari (13 agosto 1980), sindaco DC di Castelvetrano (TP).
Vito Ievolella (Benevento, 4 dicembre 1929 – Palermo, 10 settembre 1981), maresciallo dei carabinieri di Palermo
Sebastiano Bosio (6 novembre 1981), medico, docente universitario.
Alfredo Agosta (18 marzo 1982), maresciallo dei carabinieri di Catania del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri del Tribunale di Catania. Molto noto nella città dove operava per essere un investigatore scrupoloso e preparato.
Pio La Torre (30 aprile 1982), segretario del PCI siciliano.
Rosario Di Salvo (30 aprile 1982), autista e uomo di fiducia di Pio La Torre
Antonino Burrafato (29 giugno 1982), Vice Brigadiere di Polizia, si stava apprestando ad andare al lavoro. Giunto a piazza Sant’Antonio alle ore 15.30 a poche decine di metri dal carcere, un commando di quattro uomini lo uccise usando esclusivamente armi corte.
Strage di via Carini (3 settembre 1982): Carlo Alberto dalla Chiesa, generale dei Carabinieri e prefetto del capoluogo siciliano; Emanuela Setti Carraro, moglie di dalla Chiesa, e Domenico Russo, agente di polizia, uccisi brutalmente mentre andavano a cena a Mondello.
Calogero Zucchetto (14 novembre 1982), agente di polizia della squadra mobile di Palermo.
Giangiacomo Ciaccio Montalto (26 gennaio 1983), magistrato di punta di Trapani.
Giuseppe Bommarito (13 giugno 1983), carabiniere.
Mario D’Aleo (13 giugno 1983), capitano dei carabinieri.
Pietro Morici (13 giugno 1983), carabiniere.
Strage di via Pipitone (29 luglio 1983): Rocco Chinnici, capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo; Salvatore Bartolotta, carabiniere; Mario Trapassi, maresciallo dei carabinieri; Stefano Li Sacchi, portinaio di casa Chinnici, uccisi dallo scoppio di un’autobomba, che provocò anche gravi danni alla facciata del palazzo adiacente.
Salvatore Zangara (8 ottobre 1983), analista.
Giuseppe Fava (5 gennaio 1984), giornalista.
Strage di Pizzolungo (2 aprile 1985): Barbara Rizzo in Asta, signora morta nell’attentato con autobomba contro il sostituto procuratore Carlo Palermo, salvatosi miracolosamente; morti anche Giuseppe e Salvatore Asta, i due figli gemelli di 6 anni della donna.
Beppe Montana (28 luglio 1985), capo della Catturandi della Questura di Palermo. Di ritorno da una gita in mare quando mette piede a terra, viene assassinato a colpi di rivoltella, dritto in faccia, da Giuseppe Lucchese. Il 17 febbraio 1995 la Corte di Assise di Palermo ha condannato i mandanti dell’assassinio Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Bernardo Provenzano, vengono condannati all’ergastolo.
Ninni Cassarà (6 agosto 1985), dirigente della squadra mobile di Palermo, e il suo collega Roberto Antiochia, agente di polizia. Nel primo pomeriggio il vicequestore Cassarà stava rientrando a casa, insieme a tre collaboratori. Quando l’Alfetta blindata con i quattro poliziotti entrò nel cortile del palazzo, dall’ammezzato di un edificio di fronte, una decina di delinquenti mafiosi armati di Kalashnikov fecero fuoco. Il vicequestore Cassarà e l’agente Antiochia morirono sul colpo, falciati da decine di proiettili. Un terzo agente venne gravemente ferito. Il quarto agente, l’assistente Natale Mondo, si salvò per miracolo riparandosi sotto alla vettura. Il 17 febbraio 1995, i mandanti dell’assassinio Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Bernardo Provenzano, furono condannati all’ergastolo.
Graziella Campagna (12 dicembre 1985), diciassettenne di Saponara (ME) che aveva riconosciuto due latitanti.
Claudio Domino (7 ottobre 1986), bambino di 11 anni che stava passeggiando davanti al negozio dei suoi genitori in via Fattori, nel quartiere di San Lorenzo a Palermo. Un giovane a bordo di una motocicletta lo chiamò per nome. Claudio si avvicinò, l’uomo premette il grilletto ed un proiettile lo raggiunse in fronte, tra gli occhi. Morì all’istante. Cosa Nostra attraverso le gabbie del bunker del carcere de L’Ucciardone, avendolo concordato prima, fece leggere a Giovanni Bontade, fratello di Stefano Bontade (anche lui poi ucciso) un comunicato che condannava tale omicidio e che non attribuiva origini mafiose (Per tale comunicato pentiti quali Francesco Marino Mannoia e Giovanni Brusca hanno riferito che Giovanni Bontade fu ucciso l’anno seguente, avendo indirettamente ammesso l’esistenza di Cosa Nostra con quel “Noi..”.). Polizia e Carabinieri per mesi brancolarono nel buio. Dopo vari possibili motivi, una recente sentenza in primo grado ha attestato che il piccolo sarebbe stato ucciso perché scomodo testimone di una relazione tra sua madre e Salvatore Graffagnino, titolare di un esercizio commerciale accanto alla cartoleria dei Domino. La mamma di Claudio ha respinto tali accuse. Precedentemente a tale sentenza, fonti confidenziali riferirono alla Squadra mobile che uno dei responsabili era Salvatore Graffagnino, che fu sequestrato il 26 dicembre dell’86, torturato e poi assassinato. Durante gli interrogatori, il padre di Claudio ha sempre smentito quelle voci secondo le quali sarebbe stato avvicinato da esponenti di Cosa Nostra e invitato a non indagare perché: «Claudio era stato vendicato».
Giuseppe Insalaco (12 gennaio 1988), ex sindaco di Palermo.
Natale Mondo (14 gennaio 1988), agente di polizia scampato all’attentato in cui persero la vita Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, venne ucciso perché si era infiltrato nelle cosche mafiose.
Alberto Giacomelli (14 settembre 1988), ex magistrato in pensione.
Antonino Saetta (25 settembre 1988), giudice ucciso con il figlio Stefano Saetta.
Mauro Rostagno (26 settembre 1988), leader della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti e giornalista, dai microfoni di una televisione locale faceva i nomi di capi mafia e di politici corrotti. Venne assassinato a Valderice (TP).
Giuseppe Montalbano (18 novembre 1988) medico, Camporeale, provincia di Palermo; ucciso perché il suo comportamento corretto dava “fastidio” ad un gregario di Giovanni Brusca che lavorava presso il comune di Camporeale.
Gianluigi Barletta (21 aprile 1989), bambino di 10 anni. Venne ferito alla gola durante una sparatoria da un appartenente al clan Cappello.
Antonino Agostino (5 agosto 1989), agente di polizia, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi.

Anni 1990
Vincenzo Miceli (23 gennaio 1990), geometra e imprenditore di Monreale, ucciso per non aver voluto pagare il pizzo.
Giovanni Trecroci (7 febbraio 1990), vicesindaco di Villa San Giovanni.
Emanuele Piazza (16 marzo 1990), agente di polizia strangolato e sciolto nell’acido.
Gaetano Genova (30 marzo 1990), vigile del fuoco sequestrato e ucciso perché ritenuto un confidente della polizia. Il suo corpo verrà ritrovato 8 anni dopo in seguito alle dichiarazioni del pentito Enzo Salvatore Brusca.
Giovanni Bonsignore (9 maggio 1990), funzionario della Regione Siciliana.
Rosario Livatino (21 settembre 1990), giudice di Canicattì (AG), soprannominato Il giudice ragazzino per la sua giovane età, dall’ingresso in magistratura al suo impegno nella lotta alla mafia.
Giovanni Salamone (12 gennaio 1991), geometra, imprenditore edile e consigliere comunale di Barcellona Pozzo di Gotto.
Nicolò Di Marco (21 febbraio 1991), geometra del comune di Misterbianco (CT).
Gaspare Palmeri (18 giuguno 1991), agente tecnico del corpo forestale della regione Siciliana.
Giuseppe Sceusa e Salvatore Sceusa (19 giugno 1991), due fratelli imprenditori edili strangolati e sciolti nell’acido in una villetta a Capaci per aver edificato un terreno senza il permesso di cosa nostra. Gli esecutori del delitto furono Nino Giuffrè, Salvatore Biondino e Francesco Onorato.
Antonino Scopelliti (9 agosto 1991), giudice.
Libero Grassi (29 agosto 1991), imprenditore attivo nella lotta contro le tangenti alle cosche e il racket.
Serafino Ogliastro (12 ottobre 1991), ex agente della Polizia di Stato. Ucciso a Palermo da Salvatore Grigoli con il metodo della lupara bianca perché i mafiosi di Brancaccio sospettavano fosse a conoscenza degli autori dell’omicidio di un mafioso, Filippo Quartararo. Al processo, Grigoli si autoaccusava dell’omicidio indicando altri 7 complici.
Vincenzo D’Agostino (3 dicembre 1991), imprenditore strangolato e sciolto nell’acido in un capannone nella zona di Capaci. Gli esecutori del delitto furono Salvatore Biondino, Francesco Onorato e Simone Scalici.
Salvo Lima (12 marzo 1992), uomo politico democristiano, eurodeputato ed ex sindaco di Palermo ucciso perché vicino a Giulio Andreotti, presidente del Consiglio, come ritorsione per i più severi provvedimenti adottati da un governo italiano contro la mafia.
Salvatore Colletta e Mariano Farina (31 marzo 1992), due ragazzi di 15 e 12 anni scomparsi che si ritiene siano stati vittime di “lupara bianca”.
Giuliano Guazzelli (4 aprile 1992), maresciallo dei carabinieri.
Strage di Capaci (23 maggio 1992): Giovanni Falcone, magistrato; Francesca Morvillo, magistrato, moglie di Giovanni Falcone; Antonio Montinaro, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Rocco Dicillo, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone; Vito Schifani, agente di polizia facente parte della scorta di Giovanni Falcone. Il mafioso pentito Giovanni Brusca si autoaccusò di aver guidato il commando malavitoso che sistemò l’esplosivo in un tunnel scavato sotto un tratto dell’autostrada A29 all’altezza di Capaci e fu lui a premere il pulsante del radiocomando che causò l’esplosione, proprio nel momento in cui passavano le auto di scorta del giudice Falcone.
Vincenzo Napolitano (23 maggio 1992), uomo politico democristiano, sindaco di Riesi.
Strage di via d’Amelio (19 luglio 1992): Paolo Borsellino, magistrato; Emanuela Loi, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino (prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio); Walter Eddie Cosina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Vincenzo Li Muli, agente di
polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Claudio Traina, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino; Agostino Catalano, agente di polizia facente parte della scorta di Paolo Borsellino.
Giovanni Lizzio (27 luglio 1992), ispettore della squadra mobile.
Beppe Alfano (8 gennaio 1993), giornalista.
Strage di via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993): Caterina Nencioni, bambina di 50 giorni; Nadia Nencioni, bambina di 9 anni; Angela Fiume, custode dell’Accademia dei Georgofili, 36 anni; Fabrizio Nencioni, 39 anni; Dario Capolicchio, studente di architettura, 22 anni.
Strage di via Palestro a Milano (27 luglio 1993): Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno (vigili del fuoco); Alessandro Ferrari (agente di polizia municipale); Moussafir Driss.
Pino Puglisi (15 settembre 1993), sacerdote, impegnato nel recupero dei giovani reclutati da Cosa Nostra nel quartiere Brancaccio a Palermo, controllato dalla famiglia Graviano. Viene beatificato il 25 maggio 2013.
Gianmatteo Sole (22 marzo 1995), geometra di 24 anni. Torturato e bruciato vivo perché stava indagando sull’omicidio di Marcello Grado, in quanto fidanzato di sua sorella Angela.
Francesco Marcone (31 marzo 1995), funzionario dello stato. Ucciso con colpo calibro 38 in testa e al cuore per aver rifiutato le corruzioni sulle pratiche edili, l’omicidio rimane tutt’oggi senza colpevole.
Paolo De Montis (21 settembre 1995), Finanziere Mare, originario di Santa Giusta (OR), venne ucciso e il suo corpo abbandonato presso la discarica di Bellolampo, poco fuori Palermo.
Serafino Famà (9 novembre 1995), avvocato penalista catanese, ucciso a pochi passi dal suo studio perché era un esempio di onestà intellettuale e professionale.
Giuseppe Montalto (23 dicembre 1995) Poliziotto Penitenziario in servizio all’Ucciardone di Palermo, ucciso per ordine del boss Vincenzo Virga.
Giuseppe La Franca (4 gennaio 1997), avvocato, assassinato perché non voleva cedere le sue terre ai fratelli Vitale.
Filippo Basile (5 luglio 1999), funzionario della Regione Siciliana.