Il nostro affezionato lettore Franco Muolo intende condividere con voi una sua vecchia riflessione spiritual-enologica, suggerita dai tempi di vendemmie.
Qui di seguito, vi riportiamo una sua epistola.
Gentile Direttore,
In questi tempi di vendemmie mi torna sempre in mente una mia vecchia riflessione spiritual-enologica. Quando il Padreterno collocò Eva nel Paradiso terrestre, mi domando se aveva già previsto che la flora contenesse, oltre alla vite, anche alberi di mele, la cui prima raccolta avrebbe condizionato per sempre l’esistenza del genere umano. E, siccome un antico detto recita: una mela al giorno toglie il medico di torno, gli agricoltori delle verdeggianti valli della provincia di Trento si guardarono bene dal trasformare tale redditizia e salutare coltivazione. Anzi, con un ragionamento sensato, hanno consorziato il cento per cento dei loro frutteti, creandone un marchio di qualità manco si trattasse di un’attività d’antico stampo industriale. Purtroppo, non è avvenuta la stessa cosa nel Meridione. Non mi riferisco alle mele, ma agli antichi vigneti ad alberello d’uva da vino già tappezzanti quasi dappertutto le nostre campagne. Tanto che fino a qualche decennio fa durante la vendemmia si respirava aria piacevolmente avvinazzata. È noto che l’ abbattimento di quei preziosi arbusti fu voluto da una sciagurata direttiva Cee, che elargiva cospicui contributi a fondo perduto a tutti, coltivatori diretti e proprietari. Il risultato sta sotto i nostri occhi: tale tipo di vigna non esiste più, in particolare nel Sudest barese, dove sono stati distrutti totalmente anche quelli che generavano il mitico vino primitivo di Turi. È evidente che il miraggio subìto, specialmente dai viticoltori pugliesi, nel trasformare quella tipica coltivazione in tendoni d’uva da tavola (i quali, a volte, sviluppano aria viziata e inutili guerre di campanile tese, per lo più, a festeggiare il grappolo più grosso), abbia danneggiato la produzione autoctona locale e avvantaggiato i vitigni tipici del Nord. E sappiamo anche che gli accorti trentini, dopo avere scoperto e assaporato le “virtù” di quella mela primordiale, hanno imparato a conservarla così bene, da deliziare ogni giorno dell’anno i palati di mezzo mondo. Mi chiedo cosa sarebbe successo se il Padreterno avesse scelto di collocare la prima coppia dell’ umanità in una vigna anziché in un meleto.
Franco Muolo